"Si tratta di uno dei più grandi casi, se non il più grande, di bancarotta fraudolenta del Sud Italia, ancora più grave perché fatta a danno di una società con capitale interamente pubblico", ha detto al termine di una lunghissima requisitoria il procuratore di Bari Roberto Rossi.
Chieste tredici condanne, tra i tre e i 12 anni di reclusione, per gli imputati coinvolti nell'indagine sul crac delle Ferrovie del Sud Est.
Contestati, a vario titolo, i reati di bancarotta fraudolenta documentale, societaria e patrimoniale.
Secondo l'accusa l'ex amministratore unico, in concorso con consulenti e funzionari della società oltre che con imprenditori, avrebbe distratto fondi causando il crac da 230 milioni di euro nel corso della gestione di FSE fra il 2011 e il 2015.
La condanna più alta, a 12 anni, è stata chiesta proprio per l'ex Amministratore Unico, a cui sono contestati vari episodi di bancarotta, dissipazione e distrazione.
"Ha proceduto a uno spolpamento della società, pur consapevole dello stato di dissesto e mai operando nell'interesse dell'azienda".
La pena a 10 anni è stata chiesta invece per un avvocato, considerato l'amministratore occulto di FSE e "il vero centro decisionale della società", come affermato dai pm in aula.
La discussione delle parti civili inizierà nell'udienza del 24 novembre.