Spettava al Nucleo manutentivo di Treviglio intervenire rapidamente per riparare il giunto del binario ed evitare così che, la mattina del 25 gennaio 2018, si rompesse al passaggio del regionale Cremona - Milano Garibaldi e deragliasse a Pioltello.
Lo ha detto l’ex amministratore delegato di RFI Maurizio Gentile rispondendo alle domande dei pm Maura Ripamonti e Leonardo Lesti nel processo in cui è imputato con altre 8 persone, tra cui dirigenti e dipendenti di RFI, per il disastro in cui persero la vita tre persone altre decine rimasero ferite.
Se il Nucleo avesse «correttamente eseguito le attività», il giunto rotto sarebbe stato sostituito «con notevole anticipo».
Se fossero state rispettate le regole imposte dall’azienda ferroviaria, ha spiegato Gentile, il Nucleo di diagnostica manuale «avrebbe determinato con maggior precisione il livello di degrado e magari un diverso momento di intervento».
Infatti, ha aggiunto, ai tecnici locali «era noto che il giunto fosse rotto perché risultavano degli interventi da parte del Nucleo manutentivo su quel giunto», tanto è vero che «addirittura c'era un pezzo di legno messo sotto: una cosa inaudita dal mio punto di vista».
Gentile si riferisce al pezzo di traversina di legno che era stato posto sotto il giunto per attutirne il cedimento al passaggio dei treni.
«Accanto al giunto c'era il pezzo di ricambio, quindi non è nemmeno che ci fosse stata défaillance nella catena degli approvvigionamenti dei materiali necessari», ha proseguito, il punto è che «questo Nucleo manutentivo non aveva operato secondo le regole che RFI si è data e che sono note a tutti, cioè che una volta che sei a conoscenza di un difetto lo devi registrare come tale».
Maurizio Gentile ha poi dichiarato che i compiti dell’ ad sono «ben precisi», ma tra essi non rientra «dal punto di vista organizzativo la gestione del rischio, perché la gestione di queste materie condivisa potrebbe portare ad una ambiguità sulle scelte», tanto è vero che, «quando ricevevo le lettere dall'Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie, proprio perché l'ad non ha competenze nella gestione del rischio, queste note venivano tutte inoltrate alle direzioni competenti perché ne facessero buon uso».
Gentile a sostenuto che «il potere di controllo dell'amministratore delegato di RFI nei confronti delle direzioni è un controllo sui risultati, non sul processo» in quanto non ha alcuna possibilità di «esercitare un controllo sulle attività quotidiane».
Infine, ha detto di non essersi riuscito a spiegare come mai il treno, dopo il deragliamento, aveva percorso «qualche chilometro (…). Mi è capitato di vedere svii di treni, anche a velocità sostenute ma senza che questi si ribaltassero o procurassero danni di questo tipo».
Fonte Il Corriere della Sera