Quello che è accaduto ieri, con un treno bloccato nei pressi di Settebagni alle porte di Roma che ha paralizzato la circolazione in mezza Italia, rende manifesto quello che si sa già da tempo, ossia che i nodi ferroviari delle grandi città sono vulnerabili e saturi.

Nei giorni scorsi, del resto, un campanello d'allarme era già arrivato da Firenze, dove due incidenti, per fortuna di lieve entità, avevano impattato in maniera devastante sulla circolazione nord - sud.

Del resto che la situazione sia a dir poco complicata se ne sono accorti anche a Milano dove ormai da anni gli assessori alle infrastrutture e ai trasporti ripetono fino alla nausea che il nodo non è più in grado di ricevere treni con inevitabili conseguenze sulla circolazione che ricadono soprattutto sui pendolari al primo problema che si presenta.

A Roma, posto che ben conosciamo vivendoci, la situazione è del resto altrettanto chiara. 

Negli ultimi anni lo sforzo di Trenitalia è stato enorme, con il ricambio generazionale di quasi tutti i treni pendolari e l'aumento delle corse dall'hinterland verso il centro della città.

Si è fatto molto anche sul segmento Alta Velocità, con treni frequentissimi che giungono nella Capitale sia della stessa Trenitalia che di Italo.

A fronte di questo, tuttavia, i binari sono rimasti grosso modo gli stessi, con nuovi e importanti accorgimenti tecnologici messi in campo da RFI per aumentare sicurezza e capacità ma con poche e quasi impalpabili implementazioni "fisiche".

La conseguenza inevitabile è che il nodo di Roma "scoppia" e al primo problema serio si paralizza, anche in relazione al fatto che su di esso gravitano anche i treni merci, gli invii a vuoto, i convogli straordinari e chi più ne ha più ne metta.

I merci in particolar modo non solo sono peraltro già oggi in aumento, ma con la giusta svolta "green" che anche il nostro Paese ha intrapreso lo saranno sempre di più negli anni a venire.

Alla luce di questo, anche chi non si intende di ferrovia può facilmente capire come la situazione, a Roma come in buona parte degli altri nodi importanti del Paese, non sia più sostenibile.

Un modo per uscirne, come scritto ieri tra le righe da Ferrovie dello Stato in una nota, sarebbe la separazione dei flussi, come è stato fatto con successo, ad esempio, a Bologna.

In sostanza si tratterebbe di impedire, per quanto possibile, ai treni veloci di "incrociarsi" con le altre tipologie di convogli, evitando quindi che un singolo accadimento negativo si rifletta su tutta la circolazione.

Qualcosa dovrebbe migliorare nei prossimi anni con il Passante di Firenze e la relativa nuova stazione sotterranea Foster, opere fondamentali che sono tuttavia già vittime di ritardi "monstre".

Per chi non lo sapesse, il nodo di Firenze è un punto critico emblematico della situazione in cui ci troviamo.

L'incrocio di treni AV con quelli regionali porta spesso a situazioni sgradevoli per le quali un treno si presenta alle porte della città in anticipo ma poi, per colpa del forte traffico incrociante, riparte anche con parecchi minuti di ritardo.

La soluzione non è facile ma è senza dubbio riassumibile in due concetti, più binari e separazione dei flussi.

Se vogliamo che un mezzo "green" come il treno abbia sempre più successo è ora di accettare il fatto che ai binari attuali non si può chiedere di più e bisogna investire in nuove infrastrutture senza mettere i bastoni tra le ruote a ogni nuovo progetto che viene presentato (vedi nuova Roma - Pescara, tanto per citarne una).

Servono più binari, servono più soluzioni sotto terra e servono nuove linee.

L'alternativa è il disamoramento dell'utenza verso il treno e le strade affollate di macchine. 

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