Riparte la trattativa per l’acquisizione della fabbrica Keller da parte degli investitori iraniani che già un anno fa avevano manifestato l’intenzione di riavvio delle attività produttive nella sede di Villacidro.
Lo scorso 10 febbraio gli assessori regionali del Lavoro, Alessandra Zedda, dell’Industria, Anita Pili, e della Difesa dell’Ambiente, Gianni Lampis, hanno partecipato, in videoconferenza, a un incontro con i rappresentanti della compagine del Medio-Oriente e delle organizzazioni sindacali.
“Era necessario istituire, dopo diversi mesi, un tavolo tecnico in cui fare il punto sulla fase attuativa della vertenza Keller che auspichiamo possa così volgere a una risoluzione positiva. La Regione ha apprezzato la disponibilità da parte del gruppo che ha elaborato una bozza di cronoprogramma allo scopo di riavviare nel più breve tempo possibile le attività produttive e di attuare il piano di reinserimento dei lavoratori.
È fondamentale, in questa prima fase, il ruolo del Consorzio industriale di Villacidro che dovrà consegnare - così come richiesta prioritaria degli investitori per portare avanti il progetto - i documenti relativi ai beni immobili, alle attrezzature e ai macchinari presenti nella fabbrica.
L'obiettivo, condiviso anche dai sindacati, è di consentire di affrontare in tempi brevi la ripartenza dello stabilimento metalmeccanico del Medio Campidano che porterà al rilancio delle attività produttive e al recupero dei livelli occupazionali, attraverso il rispetto dei protocolli di sicurezza imposti dall’emergenza sanitaria in corso”, dichiarano gli esponenti della Giunta Solinas.
Le possibili note positive vengono però interrotte da Antonio Muscas, ingegnere, ex dipendente Keller e responsabile progetto iraniano che affida le sua parole all'Unione Sarda.
"I capannoni cadono a pezzi e un possibile loro reimpiego deve passare attraverso nuova messa a norma e collaudo degli impianti. I macchinari rimasti, oltre ad essere obsoleti, non possono essere reimpiegati perché, come riportato nelle perizie tecniche commissionate dal tribunale fallimentare, autocostruiti e perciò non rispondenti alle normative di legge. Nessuna nuova società potrebbe utilizzarli e non so neppure cosa se ne farebbe".
E non è tutto. Prosegue Muscas: "Posso affermare senza tema di smentita che manco in paesi come l'India esistono più fabbriche di treni vetuste come lo era la nostra, la cui unica linea di fabbricazione, non funzionante!, era destinata a carrozze degli anni 70. Da anni oramai, come è facilmente immaginabile, le linee di fabbricazione degli stabilimenti sono robotizzate e altamente automatizzate: cosa avrebbe di così attraente il nostro stabilimento e dei dipendenti ultracinquantenni fermi da dieci anni?".


