Una storia sbagliata. Così, se fosse ancora vivo, definirebbe la vicenda dell'ALe 880 di Latina il compianto Fabrizio De André.

Dopo il polverone sollevato ieri dall'articolo di Latina Oggi, si delineano meglio i contorni di una vicenda che per tutta una serie di ragioni ha portato a perdere un rotabile che costruito 82 anni fa.

A raccontarla nel dettaglio è Il Messaggero nella versione odierna.

La "Littorina" (termine concettualmente errato ma molto gradito ai giornalisti generalisti, ndr), era da tempo un ferrovecchio e come tale è stata venduta. Questa la ineludibile base di partenza. Era stata effettivamente oggetto di alcuni lavori di ripristino ma si tratta di operazioni datate tra il 2004 e il 2006, dopo le quali non era stata più presa in considerazione.

«Dentro ormai ci avevano fatto il nido i topi» dice al quotidiano romano Paola Berardi, amministratrice della Sei, la società sul cui piazzale la ALe 880.087 è rimasta per 17 anni.

Tutto ha avuto inizio nel 2004 quando nella città del basso Lazio era sindaco Vincenzo Zaccheo. Lui e Aldo Berardi - secondo quanto scrive Il Messaggero - si conoscevano bene ed era l'anno in cui viene lanciato il progetto della metropolitana di superficie che con la ALe 880 ha un sottile collegamento.

«Trenitalia dona una littorina al Comune, sarà un museo», riportò la cronaca di allora del Messaggero. «Il dono è stato comunicato ufficialmente al sindaco Zaccheo dal presidente di Trenitalia Gianfranco Legitimo». Un pezzo da museo «che era fermo da decenni a Pistoia - spiegò allora Legitimo - e che con una adeguata opera di restauro potrà essere riportato ai fasti di un tempo ed essere utilizzato magari anche a scopi didattici».

La ALe 880 arrivò dunque a Latina Scalo via ferrovia e poi con un trasporto eccezionale fu trasferita fino alla Sei, in località Tor Tre Ponti. Qui la storia si inceppa perché non si riesce a risalire al titolo di questa donazione.

Su di essa è stata rinvenuta solo la lettera di un avvocato di Roma a cui Aldo Berardi nel 2012 si era rivolto per capire come uscire da una situazione quantomeno singolare visto che «la Sei è stata verbalmente incaricata da un organo politico del Comune di Latina di curare il trasporto e il deposito di una antica littorina, al fine di effettuarne il restauro e riportarla all'originario fasto».

Il problema è tutto in quel "verbalmente". Il restauro, insomma, fu avviato ma nessuno lo pagò. «Il Comune si è successivamente disinteressato della questione e la littorina continua a giacere in deposito presso l'area di proprietà di codesta società».

Il tempo passa, e Zaccheo non è più sindaco, il progetto della metropolitana va a carte quarantotto e il futuro della storica automotrice anche. «Ma per noi era ed è rimasta un problema - racconta Paola Berardi a Il Messaggero - Abbiamo cercato invano la documentazione, abbiamo anche rintracciato il trasportatore, ma neppure lui ha saputo fornirci delle carte. Ricordo che all'arrivo il mezzo era in condizioni dignitose, mio padre comprò della lamiera e un meccanico si dedicò al restauro. Ma è andato in pensione da molti, molti anni e nessuno ci ha più pensato».

Oltre alla lamiera vennero smontati i sedili. «Li abbiamo ancora, sono stati rimessi a posto, rifoderati in pelle, la società spese parecchi soldi, mi sembra di ricordare 20 mila euro - spiega la Berardi - Poi sono stati accatastati e là sono rimasti».

Il resto è storia relativamente recente. «Una volta entrata in società ho cercato di capire e ho chiesto al Comune se fosse interessato a riprenderla, mi sarei accontentata di recuperare i soldi per le spese sostenute, ma nessuno era interessato. Chiesi anche a Piana delle Orme (il museo dei reperti bellici, ndr) e anche alle Ferrovie. Ma tutti la volevano gratis. La Sei si trova in una situazione complicata, aggravata dal Covid, per questo abbiamo chiesto di poter recuperare quei soldi, almeno il valore del rottame altrimenti l'avrei venduta. E così ho fatto».

Già, perché effettivamente questa "Littorina" non era di nessuno. Quando la Sei ha contattato nel luglio scorso il Comune di Latina si è sentita rispondere: «Non sono stati rinvenuti atti e/o corrispondenza in merito alla richiesta di deposito della vettura ferroviaria dismessa, né atti da cui possa risultare l'acquisizione al patrimonio dell'Ente del vagone ferroviario in oggetto. Se diversamente la Sei spa dispone di documentazione al riguardo, restiamo a disposizione».

A quel punto è arrivata la rottamazione. «Ma che dovevo fare? - dice Paola Berardi sempre a Il Messaggero - Non se ne voleva interessare nessuno e occupava uno spazio considerevole che nessuno ci ha mai pagato. Sarebbe stato bello donarla, ma una società deve far quadrare i conti».

Così è stata venduta come ferrovecchio. «Il rottame ci è stato pagato circa 12 mila euro, non ci abbiamo rifatto neppure le spese». In questi ultimi giorni Aldo Berardi, padre di Paola ed ex amministratore della Sei, è tornato in Comune.

«Ci ha detto che la stavano per rottamare - racconta l'assessore Emilio Ranieri - anche a lui è stato chiesto se avesse documenti che attestassero quanto asseriva in relazione alla donazione e all'affidamento, ma non ha prodotto alcuna carta».

Questo ha segnato la sorte dell'automotrice che è stata smantellata nei giorni scorsi. 

Una storia sbagliata, dunque, nata male e finita peggio. Una storia che ci ha privato di una delle pochissime automotrici dell'epoca ancora esistenti nel nostro Paese.

L'articolo completo de Il Messaggero è disponibile cliccando qui.

Le foto a corredo dell'articolo sono di repertorio e mostrano ALe 880 ed ALe 883

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