Nega nella maniera più assoluta, il capo della Sigifer, che la prassi fosse quella di lavorare con i treni in transito.
Lo fa in una intervista a La Stampa.
"Assolutamente no, non dovevano essere lì. La scorta di RFI non doveva fare iniziare i lavori senza la linea libera. Le regole sono chiare. Per noi la sicurezza è sempre stata al primo posto. I ragazzi lo sapevano. Non volevamo neanche che usassero i cellulari durante gli interventi".
Nel colloquio con il quotidiano di Torino, il titolare della ditta smonta anche due altre accuse rimbalzate più o meno esplicitamente nelle ultime ore, quella di possibili carenze nella formazione del personale inviato a svolgere i lavori di manutenzione sui binari e quella di una sottovalutazione delle procedure di sicurezza sul lavoro a fini di guadagno economico.
Quanto alla prima, non ha dubbi che la squadra inviata a Brandizzo fosse preparata per quel tipo di lavoro.
"Il caposquadra è un saldatore da molti anni. Assieme a una delle vittime hanno fatto dei corsi con RFI per ottenere quel brevetto".
Gli altro quattro erano invece operai semplici, "ma per usare il forcone nei sassi della massicciata basta essere degli operai. E loro erano bravissimi operai".
Venendo al secondo sospetto, il capo della Sigifer è ancora più drastico.
"Nessuno doveva autorizzare quel lavoro. Era un lavoro banale, che poteva anche essere rimandato senza penali per l’azienda. E rimandato, anche, senza problemi per gli stipendi degli operai.
Questa è un’altra menzogna che ho sentito: il turno viene sempre pagato. Lavoro fatto o non fatto. Per noi la sicurezza è sempre stata la cosa più importante".
Fonte Open