Il Governo francese decide alla fine di non tirarsi indietro e si schiera apertamente con Eurostar, la compagnia ferroviaria che qualche giorno fa ha annunciato di rischiare il fallimento entro qualche mese.

Se il suo impegno è ormai manifesto, meno lo è quello del "dirimpettaio" Governo inglese che almeno per il momento sembra meno interessato alle sorti della storica azienda nonostante abbia ricevuto una lettera con richiesta di intervento da London First, società di lobby avente lo scopo di "rendere Londra la migliore città del mondo in cui fare affari" che all'interno della missiva ha reso nota la preoccupazione di accademici e investitori.

Come già sanno i lettori di Ferrovie.Info, del resto, la crisi di Eurostar è di quelle che fanno tremare le vene ai polsi. Nell’ultimo anno la compagnia ferroviaria ha perso il 95% del traffico viaggiatori con il prospetto attuale che vede viaggiare una coppia di treni al giorno tra Londra e Parigi e tra Londra e Amsterdam, con una percentuale di occupazione che resta però fissa al 20% e che ha già costretto alla messa in cassa integrazione del personale e alla richiesta di un prestito di 450 milioni di euro.

Questa cifra monstre si aggiunge peraltro a quella messa in campo già dagli investitori privati di 210 milioni di euro, tutti destinati a tentare di salvare la compagnia dal baratro che si avvicina ogni giorno di più.

«Salvaguardare il futuro di questa connessione con il Continente dovrebbe essere un simbolo sia del nostro desiderio di ricostruire sia del nostro nuovo rapporto di cooperazione con i vicini europei», ha scritto nero su bianco la sopra citata London First, preoccupata delle possibili ricadute che potrebbe subire il Paese.

E del resto i timori non sono peregrini perché il fallimento della società porterebbe a una perdita stimata di 1.200 posti di lavoro più altri 1.500 dell’indotto solo per quanto riguarda la Gran Bretagna. Numeri che potrebbero spingere l'esecutivo di Boris Johnson alla fine a intervenire.

Il rischio, però, è che possa venire la tentazione di prendere un'altra strada, come ha candidamente fatto notare il Financial Times. Scrive il quotidiano economico: «l’azienda è costata molto ai contribuenti britannici e ha cominciato a distribuire dividendi soltanto da quando Londra è uscita di scena, perciò, se dovesse scomparire l’azienda, si potrebbe subito rimpiazzare con un’altra».

Tutto facile? Pare di no. Secondo John Keefe, portavoce della società che gestisce Eurotunnel, «a lungo termine, l’Eurostar è il mezzo del futuro: veloce, frequente, a basse emissioni di carbonio e con un grande potenziale di espansione verso altre destinazioni. I suoi passeggeri, tanto d’affari quanto di piacere, torneranno non appena le condizioni lo consentiranno».

Già, ma quando torneranno queste condizioni? Difficile dirlo, quel che è certo è che quelle attuali con la cassa di Eurostar che paventa un passivo tra i 168 e i 224 milioni di euro già a giugno rischiano di incidere anche sul progetto Green Speed, ossia alla fusione con Thalys, l’operatore ferroviario franco-belga specializzato in trasporti ecologici ad alta velocità. Una fusione, questa, della quale si parlava con convinzione prima dell'esplosione del Coronavirus e che ora sembra essere palesemente in stand by.

Se Parigi interviene e Londra per ora sta alla finestra, altri governi esprimono preoccupazione in giro per l'Europa, quelli di Bruxelles e Amsterdam. Il ministro della Mobilità belga Georges Gilkinet sta valutando eventuali misure di sostegno mentre nei Paesi Bassi spaventa la possibile fine del collegamento tra Londra e Amsterdam, oltre che con Rotterdam.

A leggere tra le righe, tuttavia, anche in Gran Bretagna il muro inizia forse ad avere le prime crepe. Huw Merriman, presidente del Comitato per i Trasporti della House of Commons non solo ha infatti ammesso che «non possiamo permetterci di perdere Eurostar a causa di questa pandemia», ma ha anche evidenziato come «Eurostar ha contribuito in maniera rilevante all’economia britannica con oltre 800 milioni di sterline all’anno e rappresenta un collegamento unico per la capitale», auspicando che arrivi «una soluzione congiunta Regno Unito-Francia su misura per aiutarla a superare questa crisi».

Una eventuale debacle, del resto, potrebbe mandare in crisi anche l’Eurotunnel. «Non vediamo davvero alcun aspetto positivo nel vedere Eurostar in difficoltà, perché semmai metterà in discussione la fattibilità a lungo termine di un ulteriore sviluppo del tunnel», ha detto senza mezzi termini Conor Feighan, segretario generale dell'ERFA - European Rail Freight Association, società che promuove il trasporto europeo di merci sui binari e che vede al suo interno big del calibro di Hupac, LTE, Medway e Captrain.

A dargli manforte è Tony Berkeley, ex presidente di Rail Freight Group che siede alla Camera dei Lord. «Ci sono poche possibilità che un altro operatore possa facilmente intervenire e sostituire Eurostar se dovesse fallire: dovrebbe sostenere dei costi di avvio ingenti. Ci vorrebbero anni».

Insomma la pandemia sta picchiando durissimo su molte compagnie ferroviarie ed Eurostar è la punta di un iceberg che rischia di sciogliersi portando con sé anche altre realtà meno note a livello globale ma altrettanto importanti. Sarà compito dei governi delle varie nazioni evitare che questo accada, mettendo da parte i nazionalismi e considerando che il periodo che stiamo affrontando impone prese di posizione drastiche.

Foto di Smiley.toerist - Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=52629616 

Foto di Kabelleger / David Gubler - Own work, also available at https://bahnbilder.ch/picture/19639, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=4404674 

Questo articolo si basa su un'analisi pubblicata da Linkiesta e raggiungibile cliccando qui.

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