Nella giornata di ieri il traffico ferroviario nel nodo di Firenze è stato mandato nel caos da un investimento dovuto a una donna che, probabilmente, si era seduta sul marciapiede con le gambe rivolte verso i binari venendo inevitabilmente toccata dall'ETR 485 n.44.

Come sempre in questi casi, le testate generaliste hanno parlato di "treno che urta donna", di "treno assassino", di "treno investitore", tutte definizioni che, se le indagini non diranno altrimenti, contrastano con quella che è la realtà.

È ovvio che è il treno ad aver urtato la signora, visto che quest'ultima era seduta, ma è altrettanto ovvio che è giunto il momento di invertire gli schemi perché il rischio è che nell'opinione pubblica si annidi altrimenti il pensiero che la colpa sia del convoglio quando è palese che non sia così.

In troppi ancora sottovalutano il pericolo di sostare oltre la linea gialla o di attraversare i binari, con la convinzione di avere il tempo di sentire il treno che arriva e di riuscire a evitarlo. E così, nelle stazioni italiane è normale vedere persone sedere con le gambe a ciondoloni verso i binari, magari con le cuffie alle orecchie, o passeggiare sempre attraverso i binari come se non ci fossero i sottopassaggi.

Tutti comportamenti pericolosi che spesso si concludono in maniera tragica perché, come ovvio, i treni non possono cambiare direzione all'improvviso, hanno spazi di frenata molto lunghi e con l'evolversi della tecnologia sono diventati anche incredibilmente silenziosi.

Del resto, non è un caso se una percentuale variabile di anno in anno tra l'80% e il 90% dei morti sia rappresentata da pedoni e che solo una parte di questi siano suicidi. E non è parimenti un caso che RFI stia investendo migliaia di euro per installare le barriere anti attraversamento tra un binario e l'altro in moltissime stazioni d'Italia.

E allora? E allora ben vengano le campagne di prevenzione come "Train... to be cool" ma ben vengano anche multe salate per chi si rende protagonista di queste azioni sconsiderate. Il tutto sperando che la stampa inizi a porre la questione in maniera diversa. Perché come abbiamo titolato noi ieri con un paradosso, non è il treno che urta le persone ma le persone che urtano il treno, visto che loro, in mezzo ai binari, non ci si sarebbero proprio dovute trovare.

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