È un'analisi lucida quella pubblicata ieri sul Corriere della Sera sullo stato delle grandi opere.
Il servizio, scritto e in video, lo firma Milena Gabanelli, giornalista nota per il suo Report e "candidata" a Presidente della Repubblica dalle "Quirinarie" del Movimento 5 Stelle.
Secondo il suo accurato articolo, realizzato con Fabio Savelli "Si fa presto a dire «fermiamo tutto e rifacciamo i conti», ma anche i ripensamenti hanno un costo: il tira e molla sulle opere in corso ha dato il colpo di grazia ad un intero settore. Giugno 2018, s’insedia il nuovo governo e il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli decide di stoppare i finanziamenti a tutte le grandi opere già in corso o programmate: dal tunnel del Brennero (appalti per un valore di 5,9 miliardi), alla pedemontana veneta (2,3 miliardi), dall’alta velocità Brescia-Padova (7,7 miliardi), al Terzo Valico tra Genova e Milano (6,6 miliardi), oltre alla Torino-Lione.
Il ministro vuole rivedere il rapporto costo-benefici. Dopo sei mesi di conti, il 17 dicembre, ha scoperto che con il Terzo Valico (opera urgente, con cantieri aperti da anni) è meglio andare avanti. Le altre opere, a parte la discussa Torino-Lione, dove in ballo ci sono i finanziamenti europei, ad oggi sono ancora bloccate. Nel frattempo le imprese di costruzioni, che stavano già sul lastrico, sono a rischio fallimento".
"Da luglio a dicembre (2018 ndr) hanno fatto richiesta di concordato Astaldi, Grandi Lavori Fincosit di Roma, la Tecnis di Catania e, da ultimo, la più grande cooperativa italiana, la Cmc di Ravenna. Per Condotte è andata peggio: è finita in amministrazione straordinaria per evitare la liquidazione degli asset. Operai, manovali, carpentieri, ingegneri, geometri: zero. Al lavoro non c’è più nessuno, perché nessuno viene più pagato".
Sia chiaro, non si tratta solo di immobilismo del Governo. Scrive Gabanelli: "Parliamo di aziende il cui destino dipende da quanto «strette» sono le relazioni politiche, quasi tutte con guai giudiziari, indebolite dai tempi ingiustificabili della burocrazia e dalle modalità delle gare, dove spesso vince chi fa il prezzo più basso, obbligando poi le imprese in sub-appalto a tirarsi il collo. L’esito complessivo è che nessuno rispetta le scadenze, i rimpalli di responsabilità finiscono nei tribunali in contenziosi senza fine con enormi richieste di risarcimento alle stazioni appaltanti pubbliche".
Conclude Gabanelli: "Il governo ha trovato in cassa 150 miliardi disponibili già stanziati, di cui è stato speso meno del 4%. Soldi immediatamente utilizzabili grazie ad un accordo con la Banca europea degli investimenti. Ma il governo ha preferito fermare tutto, e attingere da lì i fondi per la riforma delle pensioni, il reddito di cittadinanza, la flat tax per le partite Iva".
Un circolo tutt'altro che virtuoso dal quale a questo punto non si sa bene come uscire.
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