Sono oltre 2 miliardi gli euro stimati come danno economico in seguito all’incidente di Rastatt, che la scorsa estate ha causato l’interruzione di circa un mese e mezzo del corridoio ferroviario Reno - Alpi.
A tirare le somme è uno studio realizzato dalla società di consulenza HTC (Hanseatic Transport Consultancy) e commissionato congiuntamente da tre associazioni di categoria del settore ferroviario attive a livello europeo.
La chiusura per 51 giorni a causa di un errore umano ha sottolineato che l’infrastruttura ferroviaria monopolistica, organizzata a livello nazionale, non è conciliabile con le esigenze del traffico merci sempre più transfrontaliero nell'Unione Europea.
La valutazione del danno economico, spiega una nota delle tre società, è stata effettuata determinando i mancati guadagni per il settore degli operatori ferroviari (stimati in 969 milioni di euro) e per la loro clientela (771 milioni), che insieme risultano quindi avere ‘perso’ 1,7 miliardi di euro.
Altri 300 milioni di perdita vanno invece ascritti a ulteriori esborsi come quelli sostenuti dai gestori delle infrastrutture e dei terminal. Il calcolo, spiegano le te associazioni di categoria, comprende il costo delle soluzioni di trasporto alternative, gli stop ai terminal, i costi aggiuntivi sul fronte del costo del lavoro (ad esempio per gli straordinari), per le attività sostitutive, le penali e i costi aggiuntivi sostenuti dai gestori delle infrastrutture, dagli spedizionieri dai caricatori.
Secondo l’analisi, solo il 33% del traffico che avrebbe viaggiato sugli 8.262 treni che in condizioni normali sarebbero transitati sulla linea nello stesso periodo, è stato operato regolarmente.
Alcune conclusioni del report sono in linea con quelle a cui erano già giunti nei mesi scorsi molti operatori e che erano state anticipate da alcuni di essi come Hupac, SBB Cargo e DB Cargo.
L'elemento più interessante, tuttavia, è che il danno causato dall’interruzione ha raggiunto una grandezza tale perché, sostiene ora lo studio di HTC, non erano disponibili piani d’emergenza e non erano praticabili rotte alternative, e perché il sistema si è rivelato particolarmente fragile sul fronte della gestione delle infrastrutture ferroviarie, dove, per un incidente di portata internazionale, gli operatori hanno continuato a ragionare e a mettere in atto soluzioni ‘nazionali’.
Al danno puramente economico, rileva poi lo studio, andrebbe poi aggiunto anche quello socio-ambientale: lo shift modale temporaneo verso la strada, provocato dall’interruzione, secondo un modello di calcolo citato nell’analisi ha causato 39.000 tonnellate di emissioni aggiuntive di CO2 lungo la rotta Karlsruhe - Basel, un danno che da solo è stato quantificato in 8,4 milioni di euro.
Ma, probabilmente ancora di più grave, resta inoltre ancora da valutare il danno che Rastatt ha causato all’intero sistema del trasporto multimodale, avendo minato “per lungo tempo” – conclude HTC – la fiducia di caricatori e spedizionieri nell’alternativa ferroviaria.