Saranno presenti anche il governatore della Campania Vincenzo De Luca, e il presidente della Provincia di Foggia, Francesco Miglio, alla riapertura dei viaggi turistici sulla storica linea ferroviaria Rocchetta-Lacedonia-Avellino.
Il programma evento organizzato dall’amministrazione comunale di Rocchetta, prevede diverse iniziative tra le quali il viaggio in treno previsto venerdì 25 agosto con partenza alle 9,30 dallo scalo ferroviario di Rocchetta.
Di seguito riportiamo una ricostruzione storica dell'antica ferrovia dauna-irpina a cura di Pietro Mitrione, esperto di ferrovie e grande conoscitore del territorio.
Frutto di decenni di proposte e di dibatti, avviati fin dal 1868, la ferrovia Avellino-Ponte Santa Venere (dal nome della località posta ad ovest della stazione di Rocchetta Sant’Antonio) riceve un primo avallo in sede di Consiglio Provinciale di Principato Ultra nel 1872, per iniziativa del suo presidente Michele Capozzi. Segue un lungo e tormentato iter politico e burocratico, segnato anche dall’autorevole sostegno di Francesco De Sanctis, che condurrà dopo sette anni all’inclusione della linea, come tracciato di terza categoria, nella legge del 29 luglio 1879, relativa al completamento delle ferrovie italiane. Trascorrerà tuttavia oltre un decennio prima che i lavori abbiano inizio (…) Finalmente, a seguito di apposita convenzione sottoscritta il 21 giugno 1888, la costruzione della linea Avellino-Ponte Santa Venere è avviata nei primi mesi dell’anno successivo, su progetto esecutivo della Società per le Strade Ferrate del Mediterraneo, subentrata intanto alle Ferrovie Meridionali. Proprio nello stesso periodo, l’organico delle Ferrovie del Mediterraneo si arricchisce di grandi figure di ingegneri ferroviari, tra cui Cesare Bermani e Mattia Massa, entrambi provenienti da esperienze nelle ferrovie dell’Italia settentrionale, giunti alle Mediterranee nel 1885 e posti rispettivamente a capo della sezione lavori e della direzione generale della rete.
Fulcro delle aspettative di rilancio economico del territorio dell’Irpinia, la ferrovia si sarebbe sviluppata, secondo il progetto esecutivo, lungo un tracciato di quasi 120 chilometri. A partire dalla stazione di Avellino, la linea avrebbe quindi toccato i paesi di Salza Irpina, Montefalcione, Montemiletto, Lapio, Taurasi, San Mango, Paternopoli, Castelfranci, Montemarano, Montella, Bagnoli Irpino, Nusco, Sant’Angelo dei Lombardi, Lioni, Morra, Conza, per poi proseguire lungo il confine tra Campania e Basilicata verso Calitri, Monticchio, Monteverde, fino a Rocchetta-Sant’Antonio. Attraversando le tre vallate dei fiumi Sabato, Calore e Ofanto, con alcune gallerie ed un gran numero di ponti e viadotti, il tracciato avrebbe affrontato notevoli asperità del territorio, seguendo un profilo altimetrico variabile dalla quota di 302 metri della stazione di Avellino, ai 672 metri dell’altipiano di Nusco, punto più elevato della linea, fino a ridiscendere lungo la valle dell’Ofanto verso la stazione di Rocchetta, posta alla quota di 217 metri.
“L’Avellino-Santa Venere è una rivelazione del medio evo in mezzo al mondo moderno”, scriverà più tardi Giustino Fortunato, plaudendo all’ inaugurazione del primo tronco della ferrovia tra Avellino e Paternopoli nell'Ottobre 1893. Per la sua realizzazione, “da oltre ventotto mesi una vera battaglia si combatte laggiù, una battaglia, che la scienza vince, ma a prezzo di vite umane e di molti milioni”. Fugate dunque le iniziali incertezze sulla condotta dei lavori, Fortunato sembra interrogarsi sulle speranze di sviluppo del territorio riposte fin dal principio dei dibattiti nella ferrovia: “L’aura della Campania Felice discenderà per l’Ofanto insieme con la vaporiera, dando vita nuova a tanta parte della nostra Italia irredenta? Sarà l’Avellino- Santa Venere un beneficio economico e sociale, come certamente è un miracolo dell’arte umana?”
La costruzione della ferrovia mette in moto un timido sviluppo industriale nella provincia di Avellino, legato alla produzione di laterizi, che tuttavia non riesce a sopravvivere a lungo dopo l’inaugurazione della linea. Già nel primo periodo dei lavori, peraltro, il progetto subisce diverse varianti finalizzate al contenimento dei costi, tra cui emerge la sostituzione di molti viadotti in muratura con più economiche travate in acciaio, suscitando le critiche del grande meridionalista Giustino Fortunato, impegnato in quegli anni a sostegno delle ferrovie Ofantine, che scongiura l’esecuzione di “lavori menati innanzi con la lesina dell’avaro e, quel che è più, senza una grande preoccupazione dell’avvenire”.
La Avellino-Ponte Santa Venere, soffre fin dall’avvio dell’esercizio di uno scarso rendimento economico. Già tre anni dopo l’inaugurazione, infatti, la stessa Società rileva che, a fronte delle 27 stazioni e fermate, “ciò che invece fa difetto sono gli elementi del traffico e le vie di comunicazione fra le stazioni ed i paesi” . Avviata con una frequenza giornaliera di tre treni, per una percorrenza dell’intero tratto di cinque ore, la ferrovia non riuscirà mai ad andare oltre il servizio tra i comuni dell’Irpinia, nemmeno dopo il settembre 1933, quando sarà dotata di automotrici diesel – le celebri “littorine” – al fine di garantire tempi di percorrenza più veloci e maggiore comfort per i viaggiatori.
A seguito delle azioni belliche condotte nel territorio avellinese dal 13 settembre al 2 ottobre 1943, la ferrovia riporta significativi danni, non molto gravi per l’armamento ma piuttosto estesi per le sue opere d’arte, tra cui spiccano almeno cinque ponti in muratura di maggiori dimensioni.
Dopo una breve stagione di incremento di viaggiatori, in buona parte legata all’ emigrazione degli anni ’50-’60, la linea subisce una lunga chiusura a seguito dei consistenti danni subiti in occasione del terremoto dell’Irpinia del novembre 1980, che conduce alla sostituzione dell’armamento e alla ricostruzione di gran parte delle stazioni. In analogia con altre ferrovie secondarie italiane, le prospettive della Avellino-Rocchetta furono sempre connotate da un concreto rischio di abbandono e chiusura definitiva della linea, ritenuta improduttiva dall’ amministrazione delle Ferrovie.
Celebrata in occasione del centenario della linea nel novembre 1995, con il viaggio di un treno storico, la ferrovia lentamente continuò a vivere asfitticamente nonostante la sua completa automatizzazione con esercizio CTC, controllo centralizzato del traffico fu, infatti, la prima tratta ferroviaria della Campania ad essere esercitata in telecomando. I trasporti di coils di acciaio verso il nucleo industriale di San Mango, raccordato alla linea ferroviaria sembrò essere una possibilità di sviluppo di traffico commerciale, nonostante i grandi limiti di trasporto dovuti ai limiti del peso assiale e di traino. Anche questa opportunità, purtroppo, venne meno fin quando nel dicembre 2010 indiscriminatamente e sciaguratamente si abbattè la scure dei tagli operati dalla Regione Campania sul TPL su ferro che comportarono la “sospensione” dell’esercizio nonostante la valenza sociale che poteva assolvere almeno per il primo tratto fino a Lioni ed il successo ottenuto dalle iniziative turistico/culturali con il treno irpino del paesaggio.
Da quella infelice scelta operata dai decisori politici regionali iniziò la battaglia destinata alla conservazione e alla valorizzazione della tratta attraverso un suo riuso prendendo a modello i numerosi interventi conservativi realizzati su ferrovie storiche per promuovere itinerari a carattere ambientale e paesaggistico all’interno del territorio dell’alta Irpinia.
L’attività messa in campo dall’Associazione in_loco_motivi e tante altre realtà associative irpine in questi anni hanno costantemente messo in risalto queste opportunità legate alla bellezza del territorio attraversato dalla Avellino-Rocchetta determinando un nuovo e diverso sentimento verso questa tratta ferroviaria ben espresso dal famoso artista irpino Vinicio Capossela e dalla realizzazione del film “Ultima Fermata” di Giambattista Assanti con la partecipazione di Claudia Cardinale nel quale l’amore e la passione popolare per il treno dell’alta Irpinia è ben espresso.
Sponz fest 2016 segna il culmine di questo rinato impegno per la nostra ferrovia: dopo circa sei anni di abbandono e distruzione Regione Campania, Fondazione FS, RFI e MIBACT decidono di (ri)aprire la Avellino Rocchetta da Conza a Rocchetta in occasione dell’evento di cui Vinicio Capossela è il direttore artistico. Oltre 4000 persone partecipano alla manifestazione “Binari senza tempo” organizzata da Fondazione FS, diretta dall’ing. Luigi Cantamessa.
Successive ed innovative scelte politiche portano all’inserimento della nostra Avellino Lioni Rocchetta nel novero delle ferrovie turistiche individuate con la legge N* 1178 del 2 agosto 2017 che istituisce le ferrovie turistiche mediante il reimpiego di linee in disuso o in corso di dismissione situate in aree di particolare pregio naturalistico o archeologico e successivamente all’apposizione del vincolo storico e paesaggistico da parte del MIBACT sulla tratta primo provvedimento adottato per una tracciato ferroviario.
Il 25 26 e 27 agosto questi provvedimenti saranno ricordati sul treno storico di Fondazione FS che in occasione dello "Sponz Fest 2017" di Calitri correrà di nuovo lungo i binari dell'Alta Irpinia per raggiungere Lioni, una ulteriore tappa di avvicinamento alla completa restituzione all’esercizio.
Due importanti risultati che avvengono nell’anno dedicato al bicentenario della nascita del grande irpino Francesco De Sanctis, l’uomo politico che volle fortemente la costruzione della ferrovia irpina…..una felice combinazione!!
Foto Maurizio Mata